Capita a volte che percorri centinaia di chilometri od ore
di macchina per conoscere un azienda vinicola, e quella che hai vicino a casa
non vai mai. Ho rimediato, 10 minuti d’auto e sono Imola, più precisamente a
Linaro, lascio la strada principale e m’inerpico su una piccola collinetta ma
che dalla strada che la percorre, sembra chissà dove per quanto è dissestata.
Nel cortile mi accoglie Jacopo Giovannini, giovane
condottiero dell’omonima azienda che da diverso tempo sta facendo parlare di se
sempre di più. Attorno alla cantina ci sono i vigneti delle varietà rosse,
cabernet sauvignon ma soprattutto l’adorato Sangiovese, terreni pieni e duri,
nessun impianto d’irrigazione ma con sesti d’impianto larghi da permettere un
agevole sovescio che viene praticato regolarmente. Nel secondo corpo aziendale
invece le bacche bianche con in primis l’Albana, qui siamo più in alto, attorno
ai 300 msl.
Grande attenzione agli interventi ad ai particolari in
vigna, tanto che il rame viene sospeso già alla fioritura. L’uso del legno in
cantina è rilegato a qualche mensola, per il resto solo acciaio termo
controllato per le vinificazioni e l’amato cemento per le maturazioni.
Jacopo mi ha preparato due interessantissime verticali dei
due prodotti più rappresentativi dell’azienda l’albana GioJa e il Sangiovese
GioGiò, per la precisone il Romagna Albana DOCG secco il GioJa 100% albana e il Romagna Sangiovese Doc Superiore GioGiò 100% Sangiovese.
Il GioJa (visto il percorso nel tempo, tralascio tutta la
denominazione ufficiale) prende il nome da GIOvannini Jacopo, ed è la sua
interpretazione del vitigno, la sua idea di trasformazione dell’uva in vino.
Il primo assaggio è della 2014, annata fredda che si
ripercuote nel vino rendendolo più sottile ed affilato ma con un’impronta
fruttata e profumata chiara.
Passiamo poi al 2012, ancora senza etichetta giacché non in
commercio, per Jacopo ha ancora bisogno di affinamento. L’annata calda ha
regalato uve perfette e Jacopo si è divertito a macerare di più la
vinificazione per un’estrazione più marcata, cosa che ha reso il vino molto più
intenso e polposo e dal colore giallo dorato, sensazioni di frutta matura ed
agrumata ma con un gioco di tannino e freschezza molto elegante, piacevole.
Ricco di saporita sapidità, forse l’interpretazione che più mi è piaciuta.
La 2007, anch’essa annata calda, ha mantenuto una bella
freschezza ed evidenzia un frutto maturo che s’intreccia con note da
idrocarburo d’evoluzione che danno fascino e carattere. In bocca entra morbido,
pieno e ricco ma con un’acidità ancora intensa e piacevole. E’ la bottiglia che
mi sono portato a casa.
Chiudiamo con la 2003, annata iper calda e a 14 anni di
distanza mi aspettavo un vino cotto e finito, invece ha ancora un suo perché,
evidenti note terziarie d’evoluzione ma la bocca è viva articolata e sapida. I
bianchi non possono invecchiare? L’albana va bevuta giovane? Fate un salto da
Giovannini e poi riconsiderate il tutto.
Siamo poi passati ad un’altra verticale, stavolta sul
sangiovese, anch’esso in assoluta purezza, così come da imprinting di Jacopo il
Romagna Sangiovese DOC Superiore GioGiò, nome che deriva dal padre Giorgio, ma
andiamo con ordine.
La prima annata assaggiata è la 2014, la prima in cui ha smesso di mettere rame dalla fioritura motivo
per cui necessita di tempo per aprirsi. Frutto non ancora definito, bocca tenue
ma intensa, sottile e corpo sfuggente. Risente dell’annata fredda e difficile,
Jacopo ha preferito uscire lo stesso soprattutto per raccontare un percorso
integrale storico, in cui oltre a belle annate ci sono quelle più povere. Ma
averne di questi vini in queste annate.
La 2013 è stata un’annata più equilibrata e mediterranea si sente il
frutto rosso maturo completo, in bocca è armonioso tannino spigoloso ma mai
scorbutico. Esuberante e gioviale nella piacevole beva.
Siamo poi passati alla mia preferita, quella in cui ho trovato più svolto e completo il vino, la 2010
in cui naso di terziario la fa da padrona, con leggere spezie orientali e
pepate. Al bellissimo naso ha corrisposto una bocca setosa ed armoniosa in cui
i 15° di alcool sono ben integrati. Dritto, equilibrato, fresco e tannino
affilato. Note ematiche e agrumate nel lungo finale.
Abbiamo poi continuato con la 2006 in cui presentava un naso ancora
pieno e vigoroso, asciutto ma scattante in bocca, dotato ancora di discreta
acidità che gli dava vivacità.
Nella versione 2005 era vivo di naso evoluto sul terziario, frutto
macerato succoso, manca un pelo di struttura risentendo abbastanza della forte
e continuativa pioggia in vendemmia. Abbiamo poi finito con un vino di 12 anni
fa, la 2004 in cui si chiamava semplicemente Giò ed è vecchia etichetta. Il
naso segna un po’ il passo, si sentono gli anni alle spalle, pardon, in
bottiglia, il frutto ha lasciato il passo alle note terziarie, in bocca invece
è ancora vivo ed armonioso.
Infine poggiato l’ultimo calice allo, Jacopo mi dice testuali parole:
“ora andiamo ad aprire il cassetto della biancheria intima delle donne”
ovviamente lo accompagno… abbiamo assaggiato le prime vasche della 2015,
l’Albana GioJa ha ancora sentori vinosi, ma la stoffa c’è tutta, frutto giallo
pieno e sodo, corposo e con un affascinante attacco leggermente tannico. Anche
il GioGiò si ri riempie di materia dopo l’avaro 2014, corpo e struttura di
assoluto livello, per ora un frutto chiarissimo e marcato che andrà ad
evoluirsi e perfezionarsi in cemento, dove passerà un anno prima di affinarsi
un altro anno ancora in bottiglia.
Concludendo direi un bel percorso nel tempo di un giovane produttore
trentacinquenne ma con un esperienza ormai decennale che sta proseguendo nella
sua missione, cioè la volontà di trasformare il frutto uva nel nettare vino
rimanendo fedeli il più possibile al territorio e all’autenticità del vitigno
ed dell’annata. Infine ultima nota, che ho apprezzato davvero tanto che da
questi giorni sarà presente sulle sue bottiglie l’etichetta “Vignaioli
Artigiani Romagnoli”, piccolo gruppo di “autentici e rustici” produttori made
in Romagna.