La mia
prima volta. Ebbene si un piccolo "randezvous" adatto solo ai minori.
Ovviamente
niente luci rosse, solo un po’ di alcool. Finora,
sullo champagne,
ho solo letto ed ascoltato
altrui esperienze che in certo senso mi hanno
fatto
sentire un appassionato di serie B. Così,
spinto da un'estate lavorativamente
anomala
che mi ha proposto solo 2 settimane di ferie
peraltro separate, ho
preso lamia auto e
imboccato l'autostrada direzione Epernay,
cuore dello
Champagne, e dopo 1076 km ecco la mia prima volta. Se i primi 800 km mi hanno
messo fisicamente alla prova, interamente
sotto una pioggia battente
novembrina, gli
ultimi km sono stati devastanti, non ho visto un vigneto, niente
di niente, facendomi
seriamente preoccupare. Scarico l'auto e
imposto il GPS
per la prima visita... ed eccomi
immerso in una marea di vigneti fin dove
l'occhio può arrivare. Sono a Sacy, in piena
Montagna de Reims, culla del Pinot
Nero, I
gentilissimi Hervieux mi compagnano in giro
per la loro tenuta,
assaggio l'uva prossima alla vendemmia e con mia sorpresa scopro che
loro
prediligono in gran misura lo chardonnay, cosa che si ripeterà nel proseguo. L’uva
è
pronta, almeno mi pare dalla dolcezza che ne
percepisco, ma sarà il Comitato
a dare il via
ufficiale; prima di quella data non si può
raccogliere. Quest’anno
prevista dall'8
settembre.
Dopo? Ognuno fa quel che vuole. Ho
assaggiato
l’intera produzione, vini precisi
diretti e piacevoli e usano molto il
“Vintage”,
per trasmettere il più possibile l’idea
dell’annata e del territorio. Su tutti mi ha
colpito la semplicità del
Brut Chardonnay
2013, fresco nella frutta acerba, leggermente
agrumato e dal
perlage insistente.
pranzo sono ad
Avize, comune
Gran Cru de “La Cote des blancs”,
una ventina
di
chilometri
perpendicolari d
Epernay, qua lo
chardonnay la fa da padrona,
difatti da Franck Bonville, producono solo chardonnay.
Compra un poco di Pinot
Nero, che utilizza solo per il Rosè, che da loro, così come la
maggior parte
producono aggiungendo del
vino rosso al mosto. La cantina è molto bella i sotterranei
impressionanti per struttura e
articolazione. Tra gli assaggi mi ha colpito il
Voyes 2009, un Gran Cru con 60 mesi sui lieviti che presentava un naso
complesso, intrigante e armonioso, anche in bocca la complessità
era intensa e
articolata. Estremamente lungo e ricco di sostanza e sapore.
Il
tempo di riordinare le idee e con la macchina attraverso un’infinità di ettari
vitati, ognuno di
loro porta una targa sulla proprietà ed è un
susseguirsi di
nomi che scaldano la pelle e
stimolano l’acquolina, fin che non arrivo a
Trepail. Nuovamente nella “Montagna di Reims” patria del Pinot Nero. Anche
stavolta trovo
Adrien Pascal piccolo artigiano che predilige lo chardonnay, ne
ha 5 ettari che lavora con
grande amore e attenzione e qualcosa di Pinot Nero.
Un giovane che si sta avviando ora, ma
la batteria di vino che mi fa assaggiare
mi
danno sussulto. Il suo “Le Gran R” è a dir poco “strampalato” di una bontà
impressionante. Una cuvée fatta da 50% chardonnay e 50% Pinot nero, entrambi
del 2008 e questo solo per il
50% del vino, il restante è il “vin de reserve”
fatto da un altro 50% di assemblaggio del 2007, 30% del 2006 e 20% del 2005 e
con solo
4gr/l di zucchero. Un lavoraccio metterlo
insieme, ma il risultato è strabiliante,
uno
champagne, si opulento, ma un naso intenso,
complesso ed evoluto, dove il
lievito integrale
la fa da padrona, unito a intriganti sentori
agrumati dove spicca
un non nulla di cedro e
un brivido di pepe di, in bocca è molto
equilibrato
nessuna virgola fuori posto, perlage infinito e setoso così come il lunghissimo
sapido finale.
sono a Pierry, in
sostanza una
continuazione di
Epernay e mi
fermo
da Lenique Machael e Alexandre, 7 ettari sparsi nella Vallée de la Marne dove
si
coltivano tutti e 3 i classici vitigni.
Difatti gli
champagne
prodotti hanno
il
più classico
assemblaggio e
sono un po’ più
rustici e meno
aristocratici,
pur mantenendo un fascino unico. L’intera gamma è incentrata sulla semplicità
di beva e gradevolezza essenziale, tra tutti mi è
piaciuto il Secret de
Famille, un assemblaggio di due Gran Cru, quello di Buzy con il Pinot
Nero
(30%) e quello di Menil S. Orger con lo
chardonnay (70%) ricco di fiori di
campo
bianchi e gialli, verticale nell’acidità
prorompente e dal frutto
leggermente verde e
finale sapido.
Pochi
chilometri e arrivo a Buzy, in una maison media Gaston Cliquet, 23 ettari, ma pur
sempre Récoltant Manipulant, cioè un’azienda che elabora autonomamente solo uve
da poro coltivate.
Nulla
è lasciato al caso, 1,5 ettari come
giardino aziendale solo per esperimenti,
prove e tentativi.
La
cantina è affascinante, una passeggiata
sotto terra affasciante. Tra gli
innumerevoli
assaggi lo Special Club 2007 mi colpisce per
struttura generale,
naso armonioso e bocca di un’armonia unica, nulla è poco, nulla è troppo, un
gioco di emozioni leggermente agrumate
molto piacevoli, dove acidità e sapidità
vanno a braccetto. Finisco la giornata
un po’ più
lontano, a Berges Les Vertus, sono
nuovamente all’interno della Cote
des Blanc
ma ai piedi della Montagna di Reims presso una nuova realtà, Perrox
Batteau 25.000 bottiglie a fronte di 5 ettari per il 95% vitati in
chardonnay.
Stile preciso e chiaro, i vini
escono solo dopo aver passato 36 mesi sui
lieviti. Da loro mi ha colpito il Nature, una
cuvée di 2006 e 2007 non dosato e
di solo
chardonnay, un blanc de blanc dritto verticale a tratti invasivo con
una forte mineralità
affascinante e di una lunghezza pressoché
Infinita.
L’ultimo
giorno di visite è un vero tour de force sotto la pioggia e col freddo. Siamo a
fine
agosto, ma il termometro alle 9 di mattina
arriva a 11 gradi e durante il
giorno non supera i 15, sempre sotto una pioggia battente. Arrivo da Jacquesson,
un grande nome, una garanzia, la cantina è molto bella e mi colpisce che
usino
ancora due storiche presse quadrate,
comandate pneumaticamente e stoppate ai
400 kg di pressione, nonostante il quasi
milione di bottiglie prodotte. Tra i
tanti assaggi alcuni “mono zone” riguardano i Gran Cru
posseduti nei vari
comuni e nelle varie zone,
difatti oltre ai consueti champagne che riportano il
numero dell’assemblaggio (739 è il nuovo in uscita), mi ha colpito il Cham Cain
2005, un Gran Cru di Avize e 100% di chardonnay, dal
naso sussurrato che non si
pronuncia
nell’immediato, ma che sprigiona un bouquet
piacevole, al palato è
intenso e piacevole ma
soprattutto armonioso.
vignaiolo
estroverso e per
certi versi
innovativo,
bottiglie stilisticamente
ricercate, tappo
fermato da una
graffetta al posto
della classica
gabbietta, ma
quello che mi
colpisce di più
sono le prove su
anfore e piccoli
otri di cemento,
oltre che all’uso
della barrique. Per questi
dovrò ripassare quando saranno pronti. Mi toccherà. Tra tutti mi colpisce l’Aragonne
2004, 75% di Pinot Nero, 25% di chardonnay e 120 mesi, 10 anni sui lieviti. Il
vino è evoluto
nell’integralità dei lieviti, note di corn flakes
nette, così
come avvertibile ma piacevole il
chiaro uso del legno. Nel pomeriggio arrivo ad un nome storico, uno
di quelli che hanno fatto
la storia dello champagne Vueve Cliquot, la
cui
vedova ha inventato il remuage, seppur
ancora sul tavolo. Il giro nella cantina
sotterranea è spettacolare, affascinante ed
impressionante. 24 chilometri di
labirinti
sotterranei dove riposando un numero
pressoché inscrivibile di
bottiglie. L’assaggio
riguarda La Grande Dame, come dire: ti piace
vincere
facile, almeno così mi fanno notare su Facebook, ma come non si può raccontare
un vino che rasenta la perfezione 61% pino nero e saldo di chardonnay, 10 anni
di lieviti, remuage manuale (hanno 2 persone che ogni giorno
“girano 50.000
bottiglie…) nonostante un
numero imprecisato (segreto aziendale) di
bottiglie.
Naso esotico, evoluto e intenso. In
bocca è un susseguirsi di emozioni e
palpitazioni
struttura acidità minerale e frutto
in perfetto equilibrio, a dir poco iper
elegante.
percorso con una visita privata da
Charles
Heidsieck, un
altro big del
settore. Avere il
privilegio di una
visita privata, di
passeggiare negli 8
chilometri sotto Reims dove
riposano diversi milioni di bottiglie in stanze a
forma di bottiglia (spero si capisca dalle
foto, ndr) non è
cosa da tutti i
giorni, ed è un’esperienza unica. Così come
unico è assaggiare la produzione in
compagnia dello Chef de Cave, Cyril Brun, chiamato in
servizio dalle ferie per colpa mia. Grazie
Slow
Food, molto del merito è tuo. Tra gli assaggi mi ha colpito il Brut
Reserve, il vino d’ingresso,
ma con 72 mesi sui lieviti. La costruzione
tutt’altro che banale, 60% vino dell’annata con 33% dei vari vitigni (Pinot
nero, chardonnay e
pinot meunier), il 40% vin de reserve con pinot nero e chardonnay
di anni precedenti anche 10 anni d’invecchiamento.
Fresco
nella frutta soda, croccante e succosa, inteso e persistente in bocca dove
evidenzia un finale intrigante e sapido. Non posso non raccontarvi anche il
Blanc de Millenairs 1995, 20 anni sui lieviti, fermentato e rifermentato sui
suoi lieviti. Cuvée di 5 cru diverse, 4 Gran Cru (Avize, Cremant, Ay e Mesnil)
e 1 Premier Cru (Vertus) dall’eleganza infinita, morbidezza intrinseca. Acidità
composta che gioca sulla finezza ed eleganza. Scorrevole e sapido lascia una
bocca sussurrata e piacevolissima, come la sensazione che lascia un bacio
rubato. Chiudendo che dire, Champagne, non aspetterò altri 45 anni prima di
tornare.
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