Niente di più semplice che un Verdicchio base. Semplice si,
ma troppo, se andiamo, come ho fatto io, a scegliere una bottiglia di Lucio Canestrari,
fautore sovversivo della Fattoria Coroncino. La bottiglia in questione è Il
Coroncino Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC 2012 di Fattoria Coroncino,
recuperata in un divertentissimo quanto freddo pomeriggio di fine agosto 2014
in compagnia dell’amico Andrea Marchetti di Intravino.
Coroncino e Lucio non hanno certo bisogno di questo blog per
far parlare di se, per cuoi mi soffermo
solo sul fatto di come un un romano, trapiantato nello jesino abbia talmente creduto
nell’autoctinicità del verdicchio da diventare un cavallo da tiro di un
movimento, coniando al tempo stesso la sua famosa massima: “Ndo arivo metto ‘n
segno”. Che non è una frase megalomane ma va intesa “io arrivo dove arrivo…”.
Il territorio è Staffolo, primo cocuzzolo degli appennini
sopra Jesi che domina l’Adriatico , terra vocatissima per dar luce a dei
signori verdicchi coltivato nel rispetto più assoluto dell’equilibrio uomo
terra.
La bottiglia è la classicissima bordolese sormontata da
un’etichetta multicolor di stile futurista
con il logo aziendale rosso e un
alternarsi di grappoli d’uva bianca e nera
a fasciare.
Appena versato mostra un colore giallo paglierino pieno e
carico con riflessi leggermente dorati, basta accostare il naso per essere
invasi da profumi freschi ed estivi. Note di ginestra, biancospino ed un po’ di
finocchietto immediate lasciano il posto al frutto con l’aumentare della
temperatura pesca col pelo, susina ananas per chiudere con la vena quasi
gessosa del minerale con scia di rosmarino in fiore.
In bocca entra dritto e preciso, franco, quasi crudo, con un
sensazione tutto sommato morbida, probabilmente dovuta all’annata calda che ha
tolto un poco di acidità ma portando il vino in un empirico equilibrio tra
l’acidità, per l’appunto, e la grande sapidità ovviamente lasciata dalla
vicinanza dell’Adriatico. Questa sapidità risalta ancor di più nel lungo finale
persistente, dove c’è un ritorno del frutto, stavolta secco che mi riconduce
alla nocciola e alla mandorla. Corpo e struttura di tutto rispetto sostengono a
meraviglia la parte consistente d’alcool (14%) che contribuisce così anch’essa
a tenere in equilibrio il vino. La cosa che mi piace di più di questo vino è la
sua schiettezza, il suo essere senza fronzoli e senza “pippe” come diciamo qua
a Bologna. Accosti il naso ed immediatamente sei catapultato in piena estate,
tra sole e mare, infradito e tanga. Sorseggi il calice e la mente va fluttuando
in positività, come solo i piaceri sanno dare. Calice non impegnativo ma
assolutamente mai banale e che sorso dopo sorso e non lascia spazio ai
compromessi. Ndo arivo metto ‘n segno.
Consiglio di degustare questo Coroncino 2012 in calici a
tulipano di media grandezza, ad una temperatura si fresca, ma non fredda.
Come abbinamento c’è solo l’imbarazzo della scelta, se ci concediamo
un intero pasto a base di pesce, questo calice può essere tranquillamente un
perfetto compagno dall’inizio alla fine. Io sinceramente avevo voglia di bere
bene, non avevo voglia di trafficare ai fornelli per cui c’ho abbinato a dei
semplici bastoncini di merluzzo al forno, abbinamento che oscilla tra il sacro
8del vino) ed il profano (dei bastoncini) passando dal Diavolo (sempre dei
bastoncini) all’acqua santa, (sempre del vino).
Sul calice del giorno dopo non posso scendere in tecnicismi,
non me ne è rimasto!
Vino perfetto per essere consumato nel pranzo domenicale in
famiglia, ricordando che l’abbinamento migliore rimane quello di condividerne
un calice o due con la, le persone amate!
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