venerdì 18 aprile 2014

Pico 2010 IGT Garganega del Veneto de La Biancara

Nel mio percorso personale nel mondo "naturistico" viticolo,  pur sapendo del l'imprecisione del termine naturalistico, mi sono imbattuto più volte nel Pico di Angiolino Maule. D’altro canto era veramente difficile non farlo, primo perché è veramente buono (ma aspettate la recensione qualche riga più sotto per i dettagli) secondo perché Angiolino è anche il fattivo presidente di Vinnatur, associazione di vignaioli europei alla ricerca dell’equilibrio naturale della vita della vite senza l’ausilio della chimica di soccorso.
Non voglio entrare nel merito dei vini naturali, che tra l’altro io chiamo culturali e di luogo, in quanto chi legge questo blog ne sa almeno quanto me, se non di più, ma mi preme dire che la mia soddisfazione maggiore nelle degustazioni è proprio con questa tipologia di vini. Hanno sempre un carattere, una definizione, una verticalità maggiore. L’azienda di Maule è La Biancara, la zona è Sorio, piccola frazione di Gambellara nel vicentino, ai margini della pianura Padana ai piedi dei monti Lessini, i terreni sono caratterizzati geologicamente da formazioni di origine vulcanica costituite da basalti colonnari compatti, mediamente alto di impasto argillo limoso. L’uva con cui è fatto il Pico, è una garganega in purezza, vitigno autoctono dalla lenta maturazione, dalla buccia grossa e dalle note dolci, tanto da dare origine alla DOCG Recioto di Gambellara, ma anche al Soave. 
Il Pico 2010 IGT Garganega del Veneto de La Biancara ha la bottiglia bordolese con una bella etichetta bianco avorio con le scritte in un simpatico carattere in stampatello quasi “manuale”, e un altrettanto simpatico disegno immagino della proprietà. Immagino in quanto non sono mai stato da Maule, ma mi riprometto di andarci quanto prima. Alla mescita il colore è un giallo carico, quasi dorato. Non so esattamente come definirlo, ma ci provo: l’aspetto è particolare, si capisce che non è un vino standard, ma non c’è il benché minimo difetto, sedimenti, particelle, niente, è assolutamente limpido e luminoso. Il naso è importante, evoluto, non si concede subito, va aspettato, ma poi è carico di frutta matura, qualche spezia e tanta macchia mediterranea. Profumi molto intensi e altrettanto persistenti, fini e di un eleganza di stile casual. Frutta esotica, banana, mango molto matura, leggermente cotta quella autoctona come mela e pera. Evidenti anche i sentori speziati che sono sopra avanzati dalle note minerali quasi solfuree ma anche di pietra focaia, muschio secco per finire con una virata verso una fresca camomilla. 
In bocca è prepotente, in senso buono, intenso e persistente, colpisce subito la sua mineralità molto marcata e molto piacevole. Secco di zuccheri, caldo di alcool, corposo e ben strutturato. Nonostante sia un bianco risulta piacevolmente tannico, segno di un’ottima interpretazione della macerazione delle bucce. Tannino che è perfettamente integrato all’evidente acidità che rene una grandissima facilità di beva, nonostante in questa fase non sia ancora nel suo pieno equilibrio e morbidezza. E’ chiaramente un bianco da invecchiamento, reggerà bene altri anni grazie proprio a quest’acidità. Corposo, ma non opulento, tutto sommato è abbastanza equilibrato. Alcune componenti devono sicuramente integrarsi ancora, le parti dure sono ancora un po’ in vantaggio rispetto alle morbide, ma sicuramente è già molto godibile. Ottima la persistenza gustativa e l’incredibile sapidità dal netto tratto minerale che sprigiona dando una caretterizzazione di assoluto livello. Ricapitolando, il Pico 2010, e sicuramente un ottimo vino, forse un po’ insolito, ma questo solamente perché negli ultimi anni si è proceduto verso una standardizzazione del gusto che Maule sta proprio combattendo, ma è sicuramente un pregevolissimo vino di buon livello di finezza ed eleganza, che fa suo cavallo di battaglia il forte ed chiaro carattere deciso.
Consiglio di degustarlo in ampi calici a tulipano ed ad una temperatura non troppo fredda, circa 12-14° sono perfetti.
Amo abbinare i macerati con piatti insoliti, sfruttando una delle loro caratteristiche principe, la loro gastronomicità, per cui vanno provati con piatti quali anguilla, rane ed anatra, ma anche con i tortellini in brodo troverete ampio godimento. Un altro abbinamento insolito, che mi è stato proposto in una nota pizzeria gourmet dell’hinterland bolognese, il Berberè, prevedeva il Pico con la pizza, sinceramente per me ci stava, eccome. Per essere sinceri fino in fondo l’abbinamento era partito col fratellino del Pico, il Sassaia, sempre del 2010 e sempre di Maule, ed è proseguito con il Pico man mano che le pizze crescevano di intensità di sapore ed entrambi si sono manifestati perfetti. Per la recensione di quest’oggi invece ho abbinato il Pico 2010 ad una faraona al forno, abbinamento che ho trovato ortodosso, la spigolosità di questa carne bianca solo sulla carta ben si integrava con il tannino accentuato e con la buona sapidità del Pico.
Regge molto bene anche il calice del giorno dopo, come non fosse soggetto a mutamenti, questa volta abbinato ad un buon pecorino di media stagionatura. Abbinamento

Questo vino è perfetto per una cena con amici appassionati di vino capaci di apprezzare le particolarità e le evoluzioni che troveremo nel calice, questo sempre senza dimenticare che l’abbinamento perfetto rimane quello di condividere la bottiglia con la o le persone amate.

sabato 5 aprile 2014

Ograde 2010 v.d.t Skerk

Fino a qualche tempo fa, credevo che esistessero vini bianchi, vini rossi e vini rosati. Questi ultimi, almeno in Italia non frutto di un mix bianco e rosso, ma frutto da una vinificazione in bianco di uva rossa. Poi un giorno… ho scoperto l’Ageno, e mi si è aperto un mondo. Il mondo è quello degli orange wine, ovvero i macerati. Vini dal colore giallo intenso quasi arancione ottenuto da una vinificazione in rosso di uve bianche. Quest’oggi assaggeremo proprio un macerato, l’Ograde di Skerk. Il terroir invece è quello del Carso, da sempre isola vinicola felice del Friuli Venezia Giulia a pochi chilometri dal confine sloveno in quel di Preopotto. Il fantastico microclima che si trova in questa zona è unico, il mix tra altitudine e vicinanza dal mare, tra terreni carsici e la bora che asciuga l’uva e dalla grande escursione termica tra il giorno e la notte, crea da sempre vini intensi, particolari e affascianti. Aggiungiamo la grande passione che la famiglia Skerk trasmette ai suoi vini attraverso il grande rispetto della vigna, protetta da solo rame e zolfo, e l’altrettanta attenzione in cantina, dove sono bandite chiarifiche filtrazioni e altre “mutazioni” fanno si che i vini acquistino personalità e carattere. Inutile sottolineare che questa scelta è vincente, non si può macerare il mosto sulle bucce se queste ultime sono ricoperte da più pesticidi o prodotti similari.
I’Ograde 2010 è un vino da tavola, ottenuto da uve Vitoska al 40%, Malvasia Istriana 30%, Sauvignon 20% e l’ultimo 10% è riservato al Pinot Grigio.
La bottiglia è la classica bordolese scura con etichetta bianca, in alto il nome del vino, in basso il nome dell’azienda, mentre al centro il logo aziendale raffigurante alcuni acini di uva. Alla mescita il colore è un giallo dorato abbastanza carico con riflessi opachi a trasmettere subito il suo non essere filtrato pur non essendo velato. Il naso è fantastico, un pot-pourri di emozioni che si susseguono. Profumi morbidi, al limite del dolce molto intensi e molto persistenti. Profumi freschi e duraturi di una frutta esotica croccante, mango papaya e ananas, pesca noce e susina bianca si complementano a meraviglia, qualche nota floreale di ginestra, orchidea e calla, ma a farla da padrone sono le intriganti note balsamiche. Timo, menta, curcuma si alternano che è un piacere, ed in chiusura si evincono note di albicocca, miele ed una vaga panna montata. Minuto per minuto il vino cambia si trasforma si evolve che è un piacere.
In bocca risulta molto intenso ma ancor più persistente. Secco di zuccheri, moderatamente alcolico, il 13% dichiarato non è così evidente, una bella trama tannica tipica dei macerati si integra alla perfezione con la grandissima acidità che ancora ha questo Ograde nonostante i 4 anni alle spalle. Ottima la sapidità di spiccata salinità marina che impreziosisce la grandissima bevibilità. È praticamente impossibile poggiare il bicchiere sul tavolo e smettere di assaggiarlo, ed ogni assaggio è sempre diverso al precedente rendendo intrigante la bevuta. Corpo e struttura adeguati alla tipologia lo rendono tutto sommato morbido. Certo una morbidezza ottenuta da una media alta di “squilibri” duri e morbidi, ma dovuti soprattutto alla gioventu. Fine ed elaegante nel complesso rendono questa bottiglia una degustazione non banale, intensa e soprattutto di carattere.
Consiglio di berlo intorno ai 12 – 14° ed in calici dalla tipica forma a tulipano come da foto.
Come abbinamento è un vino molto versatile adatto ad un intero pasto, partendo da antipasti ci salumi o pesce, primi piatti a base di pesce e verdure e alcuni ragù di selvaggina da piuma, mentre tra i secondi trova il giusto impiego con coniglio al forno, cacciagione da piuma quali, tagliata di petto d’anatra, ma anche tutta la gamma di pesce, bianco e azzurro. In questo caso soprattutto con preparazioni elaborate e anche leggermente grasse. Perfetto anche da bersi da solo, dopo cena, per apprezzare un piacere della vita o come calice da meditazione.
Io l’ho abbinato a delle alici marinate e ad una faraona al forno con patate. L’abbinamento mi ha soddisfatto in entrambe le portate, la sapidità del vino si sposava alla perfezione a quella fresca delle alici, mentre l’acidità ed il corpo erano perfetti con il sapore forte della faraona. Nel calice del giorno dopo i profumi calano un po’, mentre sempre intrigante rimane la bocca. Anche in questo caso l’ho abbinato con quel che restava della faraona.
Bottiglia perfetta da consumarsi a cena con amici appassionati di vino, essendo comunque un vino difficile, ma non impossibile, sicuramente un vino che fa della particolarità e del carattere la sua arma vincente.

L’abbinamento migliore rimane però quello di condividerne un calice con la persona amata.