venerdì 19 settembre 2014

"16" Anime Vigne dei Boschi Ravenna Bianco IGT

Qualche tempo fa, ho partecipato ad una serata fantastica organizzata da Marco Panichi un amico che ha la fortuna di lavorare nelle sue passioni, il vino e il cibo. La serata era una verticale di un signor vino, il 16 Anime di Vigne dei Boschi e si è svolta in uno dei migliori ristoranti di Bologna, il Cambio divinamente condotto dalla sapienza e maestria di Chef Massimiliano Poggi.
La verticale invece era incentrata come dicevamo sul riesling un vitigno né tipico ne autoctono, ne della Romagna, né dell’Appenino, tanto meno di Brisighella. Quella di Vigne dei Boschi è frutto di una selezione di cloni fatta quando ancora non c'era l’idea di riesling di Brisighella di Paolo, se non quella di preferenza verso le espressioni senza residuo zuccherino tipo austriache e Wachau in quanto più capaci di far leggere il territorio
La verticale organizzata da Panichi è stata molto esaustiva in quanto sono stati assaggiati tutti i millesimi prodotti.
Il 16 Anime è un riesling in purezza, della zona di Brisighella, terreno franco calcareo e marmoso della Vigna del Pozzo impiantato nel 1998 ed esce come Ravenna Bianco IGT. Fermenta in acciaio per quasi un mese, per poi passare in vasca, sempre d’acciaio per un altro anno, alcune volte anche due anni. Ricordo inoltre che l’azienda condotta in biodinamica è stata indirizzata sul biologico qualcosa come venti (non è un refuso, ndr) anni fa ed ora in completa “naturalità” sia in vigna che in cantina per produrre vini il più salubri possibile.
La verticale è stata condotta in prima persona da Paolo che ci ha raccontato l’andamento dell’annata e tecniche di vinificazione, che anno dopo anno cambiavano subendo gli aggiustamenti necessari soprattutto per crescita personale .
Siamo partiti, come anche io preferisco, dall’annata più vecchia per poi ringiovanirsi anno per anno.
Il primo assaggio è stato il 2004 che corrispondeva anche con la prima annata prodotta. E’ un 16 anime particolare, l’unico prodotto con l’uso del legno, il tonneau, che effettivamente ha portato ad avere dei terziari importanti, soprattutto spezie dolci e frutta matura. Evidenti anche alcune note terrose, mentre in bocca è esuberante e scattante, morbido e dal finale troncato da un importante residuo zuccherino.
Il 2005 è invece molto intenso con note leggermente saponate. Da questo millesimo Paola abbandona la barrique e il vino acquista snellezza che dona bevibilità, freschezza e sapidità.
Il 2006 non è stato prodotto, per la violenta grandinata di fine luglio che ha defogliato quasi tutte le piante. Passiamo quindi al 2007, dove si iniziano ad avvertire le note da tipiche dell’idrocarburo. Grande acidità e una lunghissima persistenza, figlio anche di una buona annata.
Il 2008 è sul podio dei miei assaggi, la vendemmia ritardata ha dato uve bellissime e perfette, nasce così un riesling con la R maiuscola, intenso e persistente nel suo attacco fruttato e minerale, in bocca è avvolgente e sprigiona ancor oggi una grandissima acidità.
Col 2009 si scende leggermente, è si fresco, ma più sfuggente, sapidità minerale accennata e freschezza  mitigata lo rendono più facile da bere pur mantenendo carattere.
Passando al 2010 si torna sul podio. Anche in questo caso la vendemmia tardiva, forse la più tarda degli ultimi anni. Naso fruttato e floreale molto intenso, non troppo persistente. In bocca è ampio, quasi grasso ma scorre che è un piacere con un finale spiralato di sensazioni sapide.
Il 2011 in piena fase giovanile evidenzia una iper freschezza accentuata da un naso agrumato quasi acerbo. In bocca è verticale, molto intenso seppur con un corpo ancor snello e scattante.
Sulla stessa lunghezza d’onda il 2012 che però risulta più pronto ed appagante tanto da risalire sul mio personale podio. Naso citrino da gioventù qualche accenno da idrocarburo lo tipicizzano. Beva assoluta, quasi tagliente e anche qua corpo snello ovviamente scattante. Anche questa annata è stata abbastanza calda, tanto da anticipare la vendemmia a metà settembre, per via del perfetto equilibrio acidico.
Insomma una grandissima verticale che mi ha permesso di farmi una bella ed interessante panoramica di un vino che ormai è nel mio limbo e nella mia cantina.

Dimenticavo, cosa non erano le cozze di Cattolica preparate da Max, le sogno ancor oggi!!!

giovedì 4 settembre 2014

Verdicchio classico superiore Colli di Jesi Doc Fonte della Corte 2012 di Antonio Coloccini

La recente visita in quel di Staffolo (An) mi ha fatto prima conosce, poi portare a casa, questo Verdicchio classico superiore Fonte della Corte 2012 di Antonio Coloccini. Non mi dilungherò sulle caratteristiche del terroir, inteso come zona terreno e clima, basta rileggere il post precedente (clicca qua), ma vorrei raccontare un po’ del Sig. Coloccini. Antonio è un’inossidabile agricoltore e viticultore di ben 84 anni, ed è ancora in campo ed in battaglia. Le vicissitudini della vita lo hanno portato alle soglie del nono decennio di vita intravedendo solamente una piccola e lontana fiammella nel futuro. Le tre figlie non hanno mai manifestato l’intenzione di proseguire in questo lavoro, così come neppure il primo nipote che insegue la laurea in economia. Antonio continua sperando, cuore di nonno, nella seconda nipote, appena iscritta a veterinaria. Sicuramente veterinaria non è enologia o agraria, ma sicuramente un minimo di attitudine con la natura c’è.
Nonostante tutto, Antonio da ben 15 anni ha scelto la strada del biologico, e da 11 ha la certificazione, intraprendendo questa strada per vera convinzione e non per seguire la moda nata in questi ultimi tempi.
Segue in prima persona le operazioni in vigna, coadiuvandosi di un paio di fidate persone vendemmiando a mano e usando solo rame e zolfo. Anche in cantina tutte le operazioni e le decisioni spettano a lui in prima persona. Il regime biologico che segue è abbastanza severo, sia in vigna che in cantina, pochissima chimica, zero filtrazioni, nasce così un vino il più corrispondente alla sua filosofia ed all’annata espressa dal terroir.
La bottiglia è la classica sempre bella brodolose sormontata da un’etichetta bianca e verde, sobria e tranquilla abbastanza attuale di impostazione che dà le informazioni necessarie.
Alla mescita si denota un bel giallo paglierino con riflessi verdolini, segno di gioventù, limpido e luminoso, quasi brillante. Accostando il naso al calice, si è invasi da un classico profumo da macchia mediterranea, un susseguirsi di note fruttate e floreali con qualche accenno vegetale. Intenso e molto persistente, impiega qualche attimo a dare il meglio di se. Qualche roteazione del calice mi regala una profumazione semplice, ma allo stesso tempo invitante ed elegante. Note di frutta a pasta gialla in fase di maturazione, susina e pesca nello specifico si intrecciano ad un biancospino e una più fugace ginestra. E’ comunque nella fase della macchia mediterranea che da il meglio di se, un po’ di mentuccia e un po’ di anice ci ricordano che siamo in prossimità dell’Adriatico.
In bocca è più intenso che persistente, mostra fin da subito un buon scatto acido, che sovrasta le sensazioni dolci dell’alcool e degli zuccheri rendendo la beva sicuramente verticale nonostante il corpo sia tutt’altro che esile. Nella fase finale si evidenzia una grandissima sapidità, anzi una grandissima e godibilissima salinità di chiara derivazione adriatica, che semplifica la beva rendendo pressoché impossibile poggiare il calice sul tavolo. Dopo qualche minuto cresce nettamente mostrando un discreto carattere, facendo di quest’ultima, così come dell’intrigante freschezza il suo cavallo di battaglia.
Consiglio di berlo ad una temperatura di 10-12 gradi ed in calici a tulipano di media grandezza.
Come abbinamento è indicato dall’aperitivo fino a diventare a tutto pasto, se decidiamo di farci del bene mangiando dell’ottimo pesce fresco. Possiamo partire dagli antipasti marini, quali alici marinate e capesante anche gratinate per poi proseguire con primi piatti a base di ragù di pesce, purché siano “in bianco” per non incrementare l’acidità col pomodoro. Con i secondi piatti regge bene sia quelli delicati al vapore come quelli un po’ più robusti al forno. Perfetto anche con crudi e carpacci.

Ovviamente regge anche i piatti a base di carne bianca e verdura, secondo me è un ottima idea rallegrarsi con un calice di questa Fonte della Corte in un triste pasto con petto di pollo e verdurine lesse, almeno teniamo su l’umore. Io l’ho abbinato ad un ottimo hamburger “crudocotto” di tonno, abbinamento pressochè perfetto in quanto l’acidità si sposava a meraviglia con l’umido del tonno crudo, ed il suo corpo reggeva bene la parte di tonno cotta. Purtroppo non posso raccontarvi il calice del giorno dopo… finito in un baleno la sera stessa!